Fine maggio 2009.
Un viaggio programmato per scherzo e fatto per miracolo.
Il primo in cui avrei guidato la mia moto, che emozione!
Non vedevo l’ora di tornare in Sardegna, la terra che per anni e anni mi aveva ospitata da bambina.
Ora ci sarei tornata senza mamma e papà, con me però c’erano l’Orso Bruno e altri 9 amici!
La cosa più bella è stato il momento in cui siamo scesi dal traghetto: un profumo buonissimo ci ha investiti, tenevo la visiera del casco aperta per respirarne il più possibile.
Avevo i brividi di piacere!
Ogni giorno cambiavamo strade, agriturismi, spiagge, paesaggi.
Le uniche tre costanti? La birra Ichnusa, il cibo perfetto e abbondante e le tante risate che ci siamo fatti!
I posti che porterò nel cuore sono due.
Il primo è la strada sterrata che ci ha permesso di vedere la città fantasma di Naracauli.
Ricordo bene quella via sabbiosa e piena di buche perché ogni tanto intersecava un fiumiciattolo creando dei guadi.
Uno lo passai alla grande, ricevendo i complimenti di tutta la ciurma.
Nell’altro…caddi rovinosamente: la moto praticamente sommersa ed io fradicia.
Ma che ridere però mentre l’Orso ed uno dei miei amici la tiravano via dall’acqua a suon di eleganti parole degne dell’aristocrazia inglese!
Il secondo luogo è Cala Tuffi sulla penisola di Sant’Antioco.
Persino la ragazza dell’agriturismo dove alloggiavamo era stupita che ne conoscessimo l’esistenza.
Avevamo cercato un luogo da sogno in cui fare il bagno e l’avevamo trovato!
Cala Tuffi si raggiunge camminando lungo un prato e scendendo poi tramite una scogliera, più si scende e più si rimane sbalorditi dalla magnificenza del mare: limpido, cristallino e puro.
Così puro che c’erano i ricci!!!
Sono passati 5 anni ma ancora mi emoziono a pensare a questa bellissima avventura.
Un’avventura che ha il sapore delle Seadas, un dolce sardo meraviglioso.
Si tratta di una sfoglia farcita di pecorino fresco, fritta e servita con una bella colata di miele. Meglio se di corbezzolo.
Un piccolo appunto prima di darvi la ricetta: ho un po’ barato perchè non sono riuscita a trovare un pecorino che mi convincesse per la ricetta, così ho utilizzato ricotta fresca di pecora.
Diciamo che sono seadas a modo mio!
- 100 g di farina 00
- 150 g di semola rimacinata di grano duro
- un pizzico di sale
- 125 ml di acqua tiepida ma dovrete regolarvi conforme l’impasto
- 30 g di strutto potete arrivare tranquillamente anche a 50 g
- 250 g di ricotta di pecora freschissima
- scorza grattugiata di limone
- un pizzico di sale
- 1 litro di olio da frittura
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Per preparare la sfoglia mettete in una ciotola la farina, la semola e il pizzico di sale.
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Unite un po’ alla volta l’acqua, dovrete “ascoltare” l’impasto e capire se richiede tutti i 125ml di acqua, se ne basta meno o ancora se ne chiama un po’ di più: la sfoglia dovrà essere dura e non appiccicarsi alle mani o alla spianatoia.
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A questo punto unite lo strutto e impastate per un paio di minuti in modo da ottenere un impasto liscio; formate una palla, avvolgetela nella pellicola e fatela riposare in frigo per mezzora o anche tutta la notte.
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Per il ripieno mettete una padella sul fuoco e aggiungetevi la ricotta di pecora, fatela ammorbidire.
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Se dovesse perdere un po’ di liquido aggiungete un pochino di semola, giusto per assorbire.
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Quando il formaggio è sciolto unite un pizzico di sale e la scorza grattugiata del limone, mescolate bene e mettete a raffreddare su una superficie piana (una pirofila, un piatto…come vi sembra meglio).
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Una volta raffreddato e compattato potrete ricavarne dei dischi.
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Riprendete l’impasto per le seadas e con la macchinetta per tirare la pasta ricavate delle sfoglie (mettendo i rulli sulla 2°tacca) larghe almeno 10-12cm.
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Adagiate il formaggio sulla pasta appena tirata, ricoprite con un’altra sfoglia.
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Tagliate ora con la rotella dei dischi di pasta ripiena lasciando un paio di centimetri tra il formaggio e il bordo della seadas, pressate bene i bordi sigillandoli con i rebbi di una forchetta.
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Friggete le seadas in olio caldo, giratele quando la parte sotto è cotta e dorata. Scolate su carta assorbente.
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Servite una seadas per commensale cospargendola di miele (l’ideale è quello di corbezzolo perché ha un retrogusto amaro che bilancia la ricchezza di questo dolce) e guarnendo con poca scorza di limone grattugiata.
8 Comments
Araba Felice
24 Febbraio 2014 at 7:48Le seadas (o sebadas, come le ho conosciute io 😀 mi piacciono talmente tanto che me le porto dall'Italia, non le realizzo perchè non trovo il formaggio giusto…le tue sono splendide!
FedeB
24 Febbraio 2014 at 12:48Grazie!!! :))
La prima volta le ho mangiate alla fine di una cena a base di porceddu, un mio amico mi disse "provale, sono una botta di vita! O ti riprendi dalla cena o ci resti secca!". Le ho provate, sono una tipa coraggiosa 😀
Saparunda
24 Febbraio 2014 at 9:15Eccomi! Fedele al richiamo di qualcosa di sardo. Ma che dico "qualcosa"!!! Delle seadas!!!
Dalle parti di mio nonno (Dorgali) si fanno con la Pischedda, che è un formaggio ovino. Mia nonna è di un paesino vicino Cagliari dove però non sono mai stata quindi non azzardo ipotesi sul ripieno che possano utilizzare lì…
Comunque, sai che con la ricotta non le ho mai provate? E sono stata sempre "bloccata" sul farmele a casa proprio perché qui Sa Pischedda non si trova facilmente, anzi, è impossibile, almeno per me. Ogni volta che ritorno dalla Sardegna mi porto pacchi e pacchi di Seadas comprate e bell'e pronte per rifarle ogni volta che ne sento nostalgia.
E ne sento nostalgia solo ora che sono "grande", perché non ci crederai ma da piccolina la odiavo, perché sempre costretta ad andarci dai miei che mi "strappavano" dagli amici del paesino natale di mio padre in Abruzzo.
Ora, vedendo le tue foto, sono presa dalla nostalgia…e quasi quasi ne approfitto. Esco e compro dell'ottima ricotta di pecora…
Se ti capita di tornarci visita (se non l'hai già fatto) il Golfo di Orosei. 🙂
FedeB
24 Febbraio 2014 at 12:51Le ho mangiate quasi ad ogni tappa del nostro viaggio e anche a Dorgali! 😀
Anch'io come te avevo mille dubbi sul formaggio però la voglia di provarle era così tanta che mi sono buttata con la ricotta di pecora!
Devo dire che meritano di essere provate, in attesa di mangiare ancora una volte le originali sarde :))
A forza di riguardare queste foto va a finire che prenoto il traghetto per quest'estate, così posso visitare il Golfo di Orosei!! 😀
Giulietta | Alterkitchen
25 Febbraio 2014 at 8:42Il mio amore per le seadas è smisurato.. potrei mangiarne 500! Metti formaggio, pasta fritta e miele e sono tua, forever!
La mamma di un mio amico le prepara, le surgela e poi noi ce le pappiamo appena si può 😉
Però sai che lei le prepara con un pecorino dolce, quindi a pasta semi-dura? Strana questa differenza!
FedeB
25 Febbraio 2014 at 21:14Ricordo ancora il primo assaggio: commovente!
Ho fatto parecchie ricerche per questo cavolo di ripieno e niente che mi accontentasse al 100%, così alla fine ho deciso per la ricotta di pecora fresca 😛
la signorina pici e castagne
26 Febbraio 2014 at 10:07allòòòra, io vado in sardegna da una vita, e lì abitano amici carissimi di famiglia ed i loro figli ed io siam cresciuti insieme.
ci tornavo e ci torno ogni anno con lo stesso spirito.
quello di godere della natura meravigliosa, del mare che profuma di mare, del buon cibo e della buoan compagnia, di quella natura incontaminata che mi ha sempre attratta più di ogni altra cosa.
Non sono mai andata in locali super alla moda, e le poche volte che mi ci hanno trascinata controvoglia ho messo su un muso che mi domando ancora oggi come non mi abbiano sbattuta fuori, voglio dire, rovinavo l' atmosfera.
però i miei ricordi sono le corse di ritorno dal mare per tornare a casa in tempo per preparare dolci e cena con le amiche dei miei, seadas, acciuleddi, pabassinas, mostaccioli, gnocchetti….. e chi più ne sa………
oggi, sei un colpo al cuore, ecco. : )
FedeB
26 Febbraio 2014 at 12:56E io ti adoro! 🙂
Sono sempre più convinta a trascinare l'Orso Bruno in Sardegna quest'estate!
E come te fuggo tutto ciò che è mondanità! La Sardegna è una terra così selvaggia che è un peccato andare là per bere mojito e ballare in discoteca…..vuoi mettere qualche bicchiere di mirto e una gran chiacchierata? Sto bene solo a pensarci! 🙂