Volevo scrivere della mia avventura a Parma immediatamente, per non dimenticare nulla.
Invece ho lasciato riposare le mie emozioni perché erano davvero troppe e non sarei stata capace di rendervi partecipi completamente di tutto quello che ho provato dal vivo.
Grazie all’Associazione Nazionale Città dell’Olio e all’Associazione Italiana Food Blogger ho preso parte al tour “Gustare Parma” che ha portato me ed altre 9 foodblogger alla scoperta dei prodotti e del territorio.
Ho vissuto due giorni che sono stati, per me, una coccola!
Ho passato ore a cucinare, assaggiare, degustare vini, parlare con ragazze che condividono la mia stessa passione e….mi sono divertita da morire!!!! 😀
Appena cominciato il tour ci siamo trovate alla scuola internazionale di cucina italiana Alma, ideata e voluta fortemente dal Maestro Gualtiero Marchesi che ne è rettore e che ha riassunto il suo concetto di scuola in una bellissima frase: l’esempio è la più alta forma di insegnamento.
Qui si studia e si lavora sodo per diventare cuochi, sommelier, pasticceri, manager della ristorazione e bar manager.
Vorrei farvi vedere un sacco di cose, vorrei avere un sacco di foto ma la verità è che sono stata completamente rapita da questa visita e…la macchina fotografica è rimasta in borsa!
Solo ora mi rendo conto che ero persa nel mio mondo: immaginavo la gioia di poter essere uno studente di Alma, la felicità che si prova a seguire i corsi, la fatica e la soddisfazione dopo una giornata trascorsa ad apprendere, sperimentare e…sospiravo sorridendo 🙂
Un sospiro dopo l’altro ci siamo trovate conciate così! 😀
Era ora di entrare in azione e cucinare davvero!
Siamo state suddivise in coppie dallo chef che ci ha messe al lavoro per cucinarci la cena.
Noi, donne coraggiose, non ci siamo scomposte e abbiamo accettato il guanto di sfida: prepariamo la cena tutte le sere per mariti, figli, amici…..ci vuole ben altro a spaventarci!
E’ stata un’esperienza davvero bella e, soprattutto, unica.
Non capita tutti i giorni di essere ospitati a “casa” di Gualtiero Marchesi, cucinare nelle cucine progettate e pensate da lui e mangiare con posate uniche nel suo genere (come il coltello-cucchiaio da pesce) sempre ideate dal Maestro.
Insomma: se il diavolo fa le pentole, Marchesi potrebbe tranquillamente fornirgli i coperchi, e di design pure! 🙂
Pensandoci bene, una foto l’ho scattata!
Nel mio angolo preferito di Alma: la biblioteca!!
Tutta, e dico TUTTA, piena di libri riguardanti solo l’enogastronomia: credo di essere uscita per ultima da lì….e solo perché mi hanno trascinata fuori!
Il giorno seguente siamo partite presto, tanto presto che ho messo la sveglia anticipata rispetto a quella che uso durante la settimana per andare a lavorare!
E come mai? Dove dovevamo andare così di corsa??
A vedere come si fa il Parmigiano Reggiano DOP: fra poco vi racconto la ricetta!
Prima, però, vi devo assolutamente dare l’indirizzo di un pezzo di paradiso che prende il nome di Vigna Cunial, dove siamo state a concludere il weekend: 83 ettari di vigne e coltivazioni di ogni tipo (cereali, ortaggi, frutta e olivi).
Lì assieme a Gianmaria e alla sua magnifica moglie abbiamo brindato con vini meravigliosi e assaggiato piatti strepitosi: tutto così verace e saporito che….no, non posso descriverlo…dovete andarci di persona a fare una visita!!!! 🙂
Vi lascio l’indirizzo:
Azienda Biologica Elena
Via Valtermina 52/a
43029 Traversetolo (Parma)
Tel e fax: 0521342297
Cell: 3482891900Bene
Ed ora, per chi volesse avviare una produzione di Parmigiano Reggiano, ecco come si fa! 😀
Ingredienti: per due forme di Parmigiano Reggiano
1050 litri di latte intero, circa (vedi note)
30 litri di siero innesto (vedi note)
30g di caglio, circa
sale q.b.Bene, cominciamo!
Mettete il latte in una grande pentola di rame e portatelo alla temperatura di 35°C.
A questo punto unite circa 30 litri di siero innesto e mescolate bene.
Aggiungete ora il caglio sciolto in un po’ di acqua e continuate a mescolare.
Lentamente aumentate la temperatura del latte fino a raggiungere i 55°C.
A questo punto inizia la cottura e comincia a formarsi la cagliata, di tanto in tanto tastate la cagliata raccogliendola con un mestolo: i granuli devono stare insieme mantenendo la forma del mestolo, solo a quel punto la cagliata è pronta.
La capacità di decidere quando la cagliata è pronta viene con l’esperienza, niente è importante quanto la manualità in questa ricetta!
Mentre la cagliata si raccoglie sul fondo del pentolone, approfittate per raccogliere (in superficie) il siero innesto per il formaggio che preparerete domani.
Spegnete il fuoco e lasciate riposare per un’ora.
Passato questo tempo raccogliete la cagliata e dividetela in due.
Avvolgetela in un telo e mettetela nella forma, con un peso sopra.
Ogni due ore, per le prossime 12 ore, dovete girare sottosopra la forma e cambiare il telo.
Passate le 12 ore girate la forma per l’ultima volta, togliete il telo e infilate la fascia marchiante per imprimere la matricola, il mese e l’anno di produzione, la scritta DOP e lo spazio per la marchiatura a fuoco finale.
Fate riposare per le prossime 48 ore e poi procedete con la fase di salatura.
Mettete la forma di formaggio in una soluzione satura di acqua e sale e lasciatela a bagno per i prossimi 20 giorni.
Con questa procedura il sale entra nel formaggio che tramite un processo di osmosi rilascia un po’ della sua acqua, perdendo circa 2kg sul totale della forma.
Le forme vanno girate di tanto in tanto per permettere una salatura uniforme.
Trascorsi i 20 giorni si passa al processo di stagionatura.
Mettete le forme in un ambiente che abbia un’umidità dell’80% circa (l’ambiente deve raggiungere al massimo i 16°C in estate) e lasciatele riposare per un tempo variabile da 12 ai 36 mesi, ma potete sperimentare ed arrivare anche ad una stagionatura di 72 mesi ed oltre se siete pazienti 🙂
Ricordate di spazzolare le forme ogni 7-10 giorni per togliere le muffe.
Durante la stagionatura i batteri lattici “mangiano” il lattosio e lo trasformano in acido lattico.
In seguito, i batteri, muoiono e rilasciano enzimi lattici che rompono gli aminoacidi lasciandoli liberi creando una texture che da compatta diventa friabile.
Vi rendete conto di questo passaggio, da compatto a friabile, provando la differenza fra un Parmigiano Reggiano di 12 mesi ed uno di 36.
Quando la forma di Parmigiano Reggiano raggiunge la stagionatura da voi preferita potete procedere al tanto temuto “esame del martelletto”.
Battete la forma i più punti e accertatevi che il suono sia uniforme sui bordi, al centro e ai lati, prestando attenzione ai rumori “vuoti” che indicano una falla nella consistenza all’interno della forma.
Se il suono è uniforme significa che tutto è andato per il verso giusto e che il formaggio è di prima qualità!
Potete imprimere con soddisfazione il marchio a fuoco: avete ottenuto una perfetta forma di Parmigiano Reggiano DOP!
Se la vostra forma ha qualche difetto è da considerare di secondo livello e dovete imprimere delle righe sul lato, in questo modo.
Potete utilizzarla per ottenere dell’ottimo Parmigiano Reggiano grattugiato.
Se invece la forma presenta molti difetti allora è di terzo livello, dovete togliere completamente la crosta in quanto il formaggio non è considerabile come Parmigiano Reggiano ma è comunque un ottimo prodotto per ottenere fondute, sottilette, formaggini…di questo fantastico prodotto non si butta via nulla!
Ogni forma ottenuta sarà di circa 40kg.
Gustate il vostro Parmigiano Reggiano in purezza, oppure accompagnato da un grissino e da un ottimo bicchiere di prosecco!
NOTE:
– Metà del latte proviene dalla mungitura serale, l’altra metà dalla mungitura mattutina.
– Il latte della mungitura serale viene fatto “decantare” durante la notte in modo che la panna salga in superficie. Quella panna viene poi raccolta e trasformata in burro.
– Il siero innesto si ricava dalla lavorazione del formaggio del giorno prima è ricco di buoni batteri lattici. E’ paragonabile a quello che rappresenta il lievito madre nei lievitati.
– Il caglio è il responsabile della coagulazione delle caseine e quindi della formazione del formaggio. E’ una polvere che viene ricavata dallo stomaco dei vitelli lattanti.
– Le mucche che producono il latte per realizzare il Parmigiano Reggiano devono essere nutrite di solo fieno essiccato proveniente dalla zona di residenza della mucca stessa.
– Il Parmigiano Reggiano con stagionatura dai 36 mesi in su presenta delle macchie bianche: è tirosina (aminoacido) ed è un indice di ottima stagionatura.
5 Comments
Stefania Shade
4 Dicembre 2014 at 7:19Ma sei un mito! Grazie per la ricetta, mi tornerà utile nel mio futuro di casara 🙂
Donatella Bartolomei
4 Dicembre 2014 at 7:52Grande Federica non le ricordavo mica tutte queste nozioni, uno splendido post mirato e utilissimo, è stato un piacere condividere con te sia la cucina che la camera, spero di rivederti presto!!!!
panelibrietnuvole
4 Dicembre 2014 at 8:02Interessantissimo!! Davvero ben scritto e ricco di informazioni… Deve essere stata proprio una bella esperienza! ☺
Buona giornata,
Alice
Francy BurroeZucchero
4 Dicembre 2014 at 8:39Non sai quanto avrei voluto esserci. Per conoscerti di persona in primis, e poi per condividere questa magnifica esperienza con le mie amiche speciali 🙂
Grazie per il dettagliato reportage e per la ricetta, non che pensi di fare il Parmigiano in casa, ma è un formaggio che adoro e mi interessa moltissimo sapere delle varie fasi di lavorazione e del tipo di ingredienti usati.
Eravate bellissime con la divisa da chef! baciiii!
Anna Luisa e Fabio
4 Dicembre 2014 at 10:59E' stata davvero una bellissima esperienza! Mi sarebbe piaciuto un sacco partecipare!
Sono contento per tutte le belle cose che avete fatto.
Fabio